giovedì 30 novembre 2017

Scappo di casa e mi perdo nel Sahara - il giorno dove (quasi) tutto è cambiato

Mi sveglio effettivamente in tempo come mi ero promessa perchè la giornata è ricca di salite (diciamo anche che la strada è solo in salita) fino al centro esatto dell'Alto Atlante, via da quella serie di piccoli villaggi che vicini alla grande città sembrano essere il suo specchio in versione mini.
Non so perchè, ma decido di non seguire più il piano che avevo in mente per la giornata, ma di seguire la strada che lo sconosciuto a cena mi aveva disegnato con foglietto e coltello.



Che fai non segui le indicazioni di uno sconosciuto?

Forse lo scambio di informazioni formulato a gesti non ha funzionato perchè alla mia domanda se la strada era in buone condizioni ed in salita lo sconosciuto ha risposto di si alla prima e di no alla seconda, quindi appena imboccata la sua "scorciatoia" mi accorgo subito di non aver capito niente.
Decido comunque di continuare su quella via anche perchè di villaggi ne ha indicati solamente due ed trattandosi di luoghi "fuori portata" per la massa forse sono anche più tranquilli.



Devo dire che la ragione stavolta ce l'aveva lui e anche un pò io, perchè effettivamente i due villaggi erano formati da 4 case diroccate e una decina di abitanti, qualche pastore lungo il sentiero con le sue capre nere (non capisco perchè il Marocco non esiste il formaggio) e nessun furgone affollato a farti da spola.
Tutto bello, bellissimo, ma ... la strada si esaurisce in un'ottantina di chilometri e il restante diventa di nuovo asfalto e ovviamente incontri.

L'incontro questa volta è stato con un europeo, una guida turistica.

Sul punto più alto della catena montuosa, là dove passa una delle strade più belle del mondo, famosa per le sue curve (sono 12 esattamente, un'ammazza gambe di poco più di qualche km con un dislivello di circa 400 m), in cima, un curioso spettatore mi sta osservando e attende che io finisca.
"Hola" esordisce dichiarando la sua nazionalità.
Un pò mi rallegra il fatto che si tratti di uno spagnolo, ha pure la faccia simpatica.
Mi racconta in pochi minuti di cosa tratta il suo lavoro, fa qualche battuta simpatica sulle attitudini comportamentali dei suoi clienti in base alla nazionalità e all'età, poi comincia a fare una serie di domande (riporto da post su FB scritto quando ero li)

Mi chiede dove sono i miei amici e io rispondo un po' ovunque nel mondo
Mi chiede da dove vengo e che strada ho fatto e rispondo da Marrakech lungo l'unica via che passa tra le montagne
Mi chiede visto che guidano come i pazzi se ho paura e rispondo che vivo a Roma, lì guidano peggio. Mi chiede allora dove sto andando e rispondo che cerco le piste a confine con l Algeria
Mi stringe la mano e mi dice: forse tu hai più palle di me, io rispondo che non sono palle ma ovaie.

Prima di lasciarmi, essendo una guida turistica che svolge dei mini trail in mtb mi chiede info sulla strada sterrata appena percorsa. Un pò mi dispiace dargli informazioni su una strada che non conosce turismo, mi sento un di tradire la fiducia dello sconosciuto del "ristorante", un pò mi esalta l'idea che una guida turistica chieda informazioni a me, quindi propongo uno scambio di favori: io gli spiego la strada nei dettagli e la fattibilità del percorso e lui mi indirizza verso un villaggio dove poter dormire la notte.

Vabbè ovviamente la battuta me la sono cercata (italiani brava gente), però ottengo un posto a quattro soldi in un albergo di Ait-Ben-Haddou (capirete in seguito quanto questa scelta sia stata dettata ancora dalla mia mala fede nei confronti degli abitati del luogo e quanto mi sia pentita di aver sprecato questi primi giorni a rincorrere un posto sicuro invece che fidarmi di loro).
Ottengo un posto di onore in un albergo come "collega" dello spagnolo appena arrivata dall'Italia per guidare un gruppo di turisti che arriverà l'indomani.
Ottengo anche preziose info sul perchè i bambini tentano di uccidermi ad ogni angolo di strada e la risposta fa capo al mio vestiario non idoneo ai loro usi e costumi con una frase che mi rimbomberà in testa per tutto il viaggio "chissà che cosa passa nella loro testa". Un pò mi viene la tristezza a pensare che la loro cultura sia così poco elastica da non permettere nemmeno a una persona di passaggio di indossare i pantaloncini, dall'altro lato mi rendo conto che la regola non vale solo per le donne, quindi mi consolo quasi subito, in fondo già dal giorno dopo scoprirò che i pantaloncini non li posso più mettere perchè oltrepassato il confine geografico delle montagne si fa subito deserto e il sole cambia l'intensità dei raggi, quindi non permette comunque di poter girare con la pelle al vento.





E infatti è subito deserto!





Svegliarsi con la certezza che da li in poi non riuscirò più a seguire un piano preciso è la cosa che più mi piace dei miei viaggi. Quindi parto benissimo e la giornata passa zigzagando tra una pista e l'altra in attesa che si faccia buio e sia costretta a fermarmi.
Chi se lo aspettava che il Marocco fosse così bello?
Praticamente ho ripercorso tutto quello che ho fatto un anno fa in pochi chilometri e con molti meno soldi (ovviamente in piccolo se paragonato alla mostruosa natura che offre l'America, però molto soddisfacente).
Comincio a simpatizzare per la gente locale, che passando da una regione ad un'altra, è cambiata in attitudini ed abitudini; comincio a familiarizzare con beduini che pascolano cammelli, donne che portano in spalla fasci di rami secchi, qualche bambino che però non essendo in gruppo timidamente solleva la mano in segno di saluto e non per tenere minaccioso una pietra in segno di sfida, ma sopratutto comincio a capire che posso contrattare per avere cibo e un letto.
Ricordando le parole di Hassan e i suoi strani disegni sulla mia cartina mi rendo conto che non è ancora giunto il momento per piantare la tenda. 
Due sentimenti contrari si fanno spazio nel mio stomaco: da una parte la voglia di dormire fuori in tenda, accendere un fuoco, mangiare all'aria aperta, sostare in silenzio davanti gli avanzi sul piatto e riflettere su quello che sto provando; dall'altra il gravoso peso delle raccomandazioni che mi porto dietro.

Il dubbio se ne va da solo appena incrocio un villaggio e mi fermo in un ristoro per bere una cosa (ovviamente tè caldo alla menta, non hanno altro).





Leggevo prima di partire che per una donna è consigliabile non sostare nei ristori se frequentati solo da uomini, quindi mi affaccio timidamente un attimo per capire chi si trova all'interno: solo uomini.
Comincio a pensare che
a- non ci sono donne (perchè in giro se ne vedono pochissime)
b- forse non è più il caso di allarmarsi fino a quando non succederà qualcosa di effettivamente importante da riportarmi sulla difensiva, quindi me ne frego di quello che la gente scrive e mi siedo a un tavolino (anche perchè o quello o l'ansia perenne, e io sono in ferie, non ho voglia di stressarmi).


Da qui in poi una formula che si avvererà ogni volta per tutto il viaggio: stazionare per più di 5 minuti da soli in un ristoro significa invitare la gente a sedersi vicino a te per una chiacchiera in arabo.


Se dico che è divertente nessuno mi crede, ma la comunicazione a gesti è diventata la mia nuova frontiera del divertimento. Di solito il primo si avvicina perchè incuriosito dal tuo aspetto, poi una volta licenziato si avvicinerà il secondo che farà più o meno la stessa cosa, poi magari qualcuno ti farà un gesto per invitarti a cena e quasi sicuramente potrai rimanere pure a dormire. Si improvvisano come dei b&b, solo che di bed & breakfast non hanno nulla: il letto è più o meno una branda fatta di paglia, puoi dormire assieme a loro, e la colazione è in realtà un ricco piatto di tajine o cuscus cucinato da una donna per tutta la famiglia (composta da non meno di dieci persone).


Non è la prima volta che degli sconosciuti mi invitano a dormire a casa loro, ma è la prima volta che accetto di farlo e non so nemmeno io cosa mi sia passato in testa in quel momento, ma da li in poi i miei dubbi su quelle persone andranno affievolendosi fino a scomparire del tutto.





Su questo un chiarimento è fondamentale: è ovvio che non mi sono fidata proprio di tutti, una piccola selezione è necessaria, non metto a rischio la mia vita, ma credo che il linguaggio del corpo sia una delle cose più facili da comprendere, mi è successo nei viaggi precedenti ma in questo ancora di più perchè eliminata la barriera del linguaggio, dove ognuno a parole è più o meno bravo a far intendere cose che in realtà non sono, rimangono gli sguardi e i gesti e a volte guardare una persona dritto negli occhi dice molte più cose di quelle che si possono trovare in una frase ben formulata.





martedì 28 novembre 2017

Scappo di casa e mi perdo nel Sahara - #km0 - Marrakech

Sperando che questo preambolo non vi abbia annoiati e che sia servito un pò a far capire la logica del viaggio io comincerei come sempre dall'inizio.


Quest'anno per la prima volta in assoluto sono partita senza avere un appoggio amico all'estero (le altre volte ci sono sempre riuscita, non so come, non so perchè, ma ho sempre trovato un appoggio iniziale grazie ad amici di amici di amici e di questo sono tutt'ora molto felice, anche perchè ho avuto occasione di conosce persone splendide con le quali mi sento volentieri ancora dopo anni, questo non vuol dire che debba necessariamente seguire la formula ogni anno).
Ho trovato un riad appena dentro le mura della medina in Marrakech grazie a un noto sito di prenotazione, il prezzo era ottimo, la struttura nuova, quindi perfetto per una persona che ha bisogno di ambientarsi e di uno spazio per una notte dove maturare le idee per i giorni successivi.



Niente di più sbagliato.

L'arrivo a Marrakech è stato abbastanza traumatico. Il mio ospite era un ragazzo di nome Hassan che lavorava nella struttura da poco più di un mese. Dalla sera prima del mio arrivo cerchiamo di comunicare con difficoltà per via della lingua e l'insistenza del volermi procurare un taxi che mi porti dall'aeroporto al riad comincia a snervarmi. Decido che comunque non avendo di meglio a portata di mano mi farò fregare questi soldi appena atterrata.



Il taxi, guidato da un ragazzo, Abdul-qualcosa, che era tutto tranne che loquace, mi porta fino all'ingresso della medina, dove lui prende i suoi soldi e mi abbandona in fretta in balia di un gruppo (saranno stati una decina) di uomini armati di carretti da trasporto che fanno a botte per strapparmi lo scatolone della bici e issarlo sul loro curioso mezzo. Non ho nemmeno il tempo di capire dove sono o che cosa sta succedendo che uno di loro, il vincitore, comincia a farsi largo tra la folla delle viuzze della medina sicuro di dove stia andando e io cercando con un occhio di leggere la cartina e con una mano di tirargli la camicia devo arrendermi perchè lui non mi ascolta, è già partito e batte i pugni sullo scatolone urlando qualcosa per farsi largo tra la folla.
Tutto intorno a me è polvere, pozzanghere, motorini che scheggiano impazziti tra la gente, ogni sorta di venditore ambulante, bambini che corrono e si picchiano e tutti che urlano o parlano (a voce troppo alta) e sopratutto nessun turista (o meglio uomo bianco).
Mi sorprendo molto nel realizzare che la folle corsa finisce proprio davanti la porta del riad, dove allo strillone regalo tutto quello che di spiccio avevo in tasca, non capendo quanto in realtà gli sto cedendo per quella passeggiata di appena qualche minuto; capisco dal tono incazzato della voce e dalla sua espressione di disgusto che i soldi che gli ho dato sono pochi, ma per fortuna Hassan apre la porta del riad in quel momento e con qualche parolaccia in arabo e un paio di calci e forse la promessa di un bottino più proficuo riesce ad allontanare lo strillone.
Chiudo la porta alle mie spalle e in un attimo il silenzio (che non dura a lungo, ma è pur sempre un attimo di respiro).










La faccia sorniona di Hassan non mi convince immediatamente, ma mi chiede di posare lo zaino in un angolo e prima di accompagnarmi alla stanza pretende assolutamente di bere un tè con me, e io (che non ho di meglio da fare) non riesco a dire di no.
Inizia a starmi simpatico quando mi chiede il motivo del mio viaggio e comincia a segnare sulla mia cartina tutti i posti dove non è sicuro dormire in tenda; mi convince un pò meno quando capito che una delle tappe era Merzouga insiste nel dire che devo andare ospite dalla famiglia e cerca di organizzarmi una serie di cose che devo assolutamente fare; mi viene in mente che forse cerca di indirizzarmi verso posti turistici, guidata da alcuni componenti della sua famiglia, solo per ricevere un compenso o qualcosa del genere, ma scoprirò presto che a un marocchino non puoi dire di no, sopratutto se è berbero.

Montata la bici, procurata una scheda telefonica, fatto un giro di ricognizione della città (giusto per stordirmi un attimo), preparate le borse, mi faccio una doccia e ceno con il primo (di una lunghissima serie) tajine, cucinato da Hassan che scopro è un tuttofare all'interno del riad, anche perchè non vedrò in quel posto altre persone che lui.
A cena mi chiede di dargli il mio numero perchè vuole essere sicuro che non ci saranno problemi durante il viaggio e promette di chiamarmi tutti i giorni. Rimanendo un pò sulle mie (in fondo in questi viaggi cerco di disintossicarmi dalla gente, non cerco compagnia, nemmeno telefonica) provo a fargli capire che non è necessario, ma l'insistenza è troppa e cedo promettendomi di cambiare la scheda telefonica al primo posto dove è possibile farlo.

L'indomani alle 5.30 a.m. sono sulle scale del riad con la bici (che pesa sempre troppo) in spalla e cerco di fare piano per non svegliare Hassan, ma lui sta già in cucina con un tè pronto e tutti i tipi di dolci che potevano stare in un vassoio. La colazione è inclusa nel prezzo e anche se gli spiego che mi devo sbrigare perchè oggi ho solo salita rimango prigioniera fino alle 7 quando finalmente riesco a chiudermi la porta del riad alle spalle (finalmente un respiro profondo) e iniziare a pedalare.

La medina è completamente vuota, ancora troppo presto per tutti i venditori che sicuramente staranno preparando la merce, ancora troppo presto per i bambini che tra non molto correranno impazziti tra il labirinto di viuzze, troppo presto per gli strilloni che sicuramente accasciati in qualche angolo della città staranno ancora sognando una cascata di monetine regalate dai turisti per assistere un patetico spettacolo di una scimmia che ha stretto al collo una catena che la stringe e la immobilizza, troppo presto per tutti, tranne per me, perchè capisco che quell'ora e mezza in più mi avrebbe fatto tanto comodo, non voglio dormire vicino Marrakech oggi, non voglio sentire tutto quel casino, non voglio trovarmi al tramonto senza ancora aver capito dove fermarmi.

Comincio a correre per allontanarmi il prima possibile da quell'insieme di vite che tutte vicine sembrano cozzare tra di loro ma nello stesso tempo coesistere alla perfezione e senza accorgermene sono già tra le montagne dell'Alto Atlante, al tramonto e non ho ancora capito dove fermarmi, come nel peggiore dei miei incubi.
Nel fra tempo immagini di montagne e curve che mi hanno accompagnata per tutta la giornata passano davanti come quelle dei bambini che vedendomi da lontano si precipitavano correndo più veloci di me (che in salita con tutto quel peso al primo giorno ero veramente lenta) aggrappandosi al portapacchi e in modo fastidioso cercano quasi di farmi cadere e quando mi fermo per capire che vogliono uno di loro mi sputa dritto negli occhi centrandomi in pieno e corre subito via appena vede che la mia espressione da rassegnazione si trasforma in rabbia pura.
Capisco che il mio cartaceo (come del resto google maps) non serve a molto, non mi era mai successo, ma tra il dire e il fare ci sono di mezzo tantissimi villaggi che sulla mia mappa non sono segnati, c'è gente che sbuca all'improvviso da dietro un cumulo di pietre, ci sono tanti camion colmi di persone che da lontano gesticolano e da vicino urlano qualcosa di incomprensibile, c'è gente che passando sulla via che taglia in due i villaggi ride e cerca soldi, per me risulta alquanto improbabile piantare una tenda li in mezzo, proprio perchè non ho idea di dove mi trovo in quel momento, e mi sento scoraggiata, perchè non mi è mai successo di non riuscire a trovare un posto tranquillo dove piantare la tenda.
L'ultimo villaggio che incrocio mi sembra il più papabile, perchè è il più tranquillo o forse semplicemente perchè sono distrutta.
Mi fermo su un muretto diroccato cercando di fare mente locale e cercare di capire come trovare un posto dove dormire. Si avvicina immediatamente un uomo, è sdentato, parla solo francese, non capisco la sua età; non so come ma da una serie di gesti assurdi riesco a fargli capire che sto cercando un posto dove dormire. Lui prende la mia bici e mi dice (sempre a gesti) di seguirlo.
Io comincio a pensare di aver fatto un grosso errore, ma oramai è così e provo a vedere cosa succede.
Mi lascia all'ingresso di una struttura, sembra una casa, in realtà è un posto dove si mangia (ovvero dove tutta la gente del villagio va a mangiare) e mi chiede di aspettare. Qualche minuto dopo esce un ragazzo, Abdel, in realtà ci presenteremo esattamente 14 giorni dopo, però in quel momento mi sembra la persona più pericolosa del mondo. Mi fa capire che per 70 dirham (poco meno di 7 euro) posso dormire e cenare dietro il "ristorante". Mi assicuro che ci sia una stanza che abbia almeno la chiave e mi chiudo con la bici per uscire solamente un attimo per cenare.



Scendo le scale e mi ritrovo in questa stanza con soli uomini (capirò in seguito che uomini e donne non possono mangiare assieme) che si zittiscono appena vedono la mia faccia tra l'incredulo e il "ma che cazzo ci faccio io qua"; alcuni si alzano e mi lasciano un tavolo libero, il tipo sdentato che ho incontrato per primo mi chiede cosa voglio da mangiare, mi fa l'elenco e mi rendo conto che l'elenco comprende solamente due portate, quindi opto per una delle due a caso perchè tanto non ho capito comunque niente; mangio una roba che sa solo di cipolla e faccio finta che sia buona. Tutto questo dura più o meno 10 minuti, appena finito si avvicina un altro signore, anche lui senza età, anche lui senza denti, anche lui incomprensibile, però mi disegna una strada su un pezzo di carta bianco, la disegna con un coltello mettendo una croce su dove secondo lui ci troviamo in quel momento e mettendone un'altra alla fine della curva facendomi capire che l'indomani non dovevo prendere la strada grande, ma che dovevo proseguire per una strada sterrata perchè così avrei evitato non so bene che pericoli. Ringrazio, saluto timidamente i superstiti della cena e mi vado a chiudere in camera perchè l'indomani alle 5.30, stavolta puntuale per non commettere nuovamente lo stesso errore, voglio essere già per strada e anche perchè sinceramente non avrei saputo cosa dire a quelle persone che continuavano ad osservarmi in silenzio nella penombra della stanza.

E' passato un solo giorno e sento dentro che così non può andare avanti, o cerco di sforzarmi e cominciare a capire come ragionano oppure torno indietro mi prenoto una camera in centro e amen. Ma la curiosità, la stessa che mi spinge a partire ogni anno, è più forte di me, quindi conto i giorni che mancano secondo me alle piste, motivo della mia visita, e decido di dare una seconda possibilità al viaggio, in fondo forse sono solamente io che mi sono fatta influenzare da tutto quello che mi è stato detto prima di partire.

sabato 25 novembre 2017

Scappo di casa e mi perdo nel Sahara - Perchè?

E' bello iniziare a scrivere di quest'ultima esperienza quando le aspettative di sopravvivenza da parte dei miei cari erano basse e invece io sono qua, più viva di prima, a ricordare tutto quello che ho vissuto in queste tre settimane di viaggio.

Parlando con i fondatori di Ciclabili Siciliane, che oramai riconosco come amici, per un progetto futuro che spero non cada nell'oblio come tutti quelli che ogni volta inizio e poi chiudo in un cassetto (sembra che riesca ad organizzare solo i miei viaggi, tutto il resto è allo sbaraglio), essendo loro una fondazione che si occupa anche di sponsorizzare cicloturismo (principalmente in Sicilia, ma non solo), ed essendo molto vicini al tema del cicloturismo al femminile, una domanda che mi hanno fatto è stata se consiglierei il Marocco come meta per una donna che viaggia in bici da sola come prima esperienza.

Dico la verità e dico che la domanda mi ha spiazzata

Effettivamente non ho mai pensato nei viaggi precedenti che qualcuno potesse leggere questo blog, o guardare i video accumulati negli anni, o semplicemente leggere in diretta FB di questi piccoli raid in terre a volte lontane a volte vicine, e decidere di partire in solitaria per vivere fuori dal virtuale questi luoghi, tutti belli, tutti differenti. Cioè ci speravo, perchè è un pò questo lo scopo per cui è nato il blog, ma non pensavo ci fosse qualcuno che realmente lo leggeva.


La prima cosa che mi è venuta in mente è stata "no, io questo viaggio non lo consiglierei come prima esperienza", ma poi ci ripenso subito e spiego il motivo della mia risposta:

il Marocco per me non è stata la prima esperienza, ci sono 6 anni e 15.000km alle spalle prima di questo, eppure in queste tre settimane ho avuto l'impressione di aver esaurito tutte le energie a disposizione, anche se è stato il viaggio più breve, mi è sembrato di aver "sofferto" più di tanti altri viaggi, ma poi do una risposta a tutto questo e penso che certamente è stato difficile: il cerchio che ho chiuso in queste tre settimane si è sviluppato interamente tra montagne e deserti, il tempo a disposizione era talmente poco che non ho avuto occasione di fermarmi (ho effettuato una pausa di un giorno solo a metà viaggio) e io sono contraria a viaggi che durano meno di tre settimane (semplicemente perchè la prima settimana ti ambienti, la seconda capisci di che si tratta e la terza cominci a divertirti, quindi andar via sul più bello risulta snervante); tutto il resto è un'esperienza, più bella delle precedenti, ma lo dico solo perchè, per esperienza, l'ultimo viaggio è sempre il più bello.
Il deserto è al momento il luogo più interessante che io abbia mai visto, per tutta una serie di motivazioni che ancora dopo 3 anni devo metabolizzare. Questo è il terzo deserto nel quale mi addentro (prima ci sono stati l'Australia e gli USA) e anche se i paesaggi possono ai molti sembrare sempre gli stessi ogni volta è diverso: ogni caldo è diverso, ogni inclinazione del sole è diversa, ogni terreno è diverso, ogni percentuale di umidità è diversa, etc ... quindi è sempre come la prima volta.
Il problema è però che il deserto non è proprio una passeggiata, il deserto uccide, non è una cosa sulla quale scherzare o andare impreparati (ogni anno centinaia di persone perdono la vita perchè pensano che andare a fare una passeggiata in mezzo al deserto sia come andare per boschi, non lo è assolutamente), quindi questo richiede un impegno fisico e mentale non indifferente e forse è per questo che ho pensato che non poteva essere una buona scelta come prima esperienza; però il Marocco è davvero grande, non bisogna fermarsi solo a questo, si posso fare altre mille cose (se non si vuole rimanere traumatizzati dalla prima esperienza) perchè la vastità del territorio consente la qualsiasi tipologia di esplorazione. Tuttavia se uno non si butta (col paracadute) non lo può sapere, quindi se siete già forti in materia deserto e volete provare ve lo consiglio, ne vale la pena.

Quindi forse è importante puntualizzare che il Marocco si trova in una parte del mondo che viene giudicata pericolosa sotto molti punti di vista ma che in realtà richiede solamente la stessa attenzione che bisognerebbe prestare a tutti gli altri luoghi in tema di sicurezza. Se vi state chiedendo come possa viaggiare una donna da sola in un paese ritenuto estremamente maschilista per via della religione vi rispondo che in religione siamo molto ignoranti (compresa me, capirete leggendo di cosa parlo), ho conosciuto tutte persone molto disponibili a darti una mano nel momento del bisogno o semplicemente a scambiare quattro chiacchiere davanti un tè che prontamente viene offerto in qualsiasi occasione, felici, anche quando non c'è possibilità di scambio colloquiale (perchè molti non parlano altre lingue oltre l'arabo, quando si attraversano determinate regioni) di poter avere un confronto civile con persone sconosciute. Che gli uomini siano sempre pronti a guardare e giudicare una donna lo sapevamo già, ma tuttavia non ho notato una grossa differenza tra quella che simpaticamente (anche se sono totalmente contraria) vorrei definire "usanza" dei marocchini e "usanza" oramai diffusa degli italiani.
Detto questo non è possibile girare con vestiti succinti o con pantaloncini, ma vi assicuro che il clima fuori dalle città non lo consentirebbe lo stesso, quindi il problema è eliminato alla radice.
Per non parlare di Muhammad VI che sta portando avanti una politica sul turismo del tutto eccezionale, per cui troverete anche vicino i centri abitati persone molto aperte e felici di accogliervi nella loro vita.
Per cui posso testimoniare, visto che sono qui a parlarne, che non esiste in Marocco pericolo per una donna che viaggia da sola che sia diverso da quello che si può trovare in paesi occidentalizzati, gli occhi aperti servono sempre.

Qualcuno potrebbe chiedersi il perchè di queste chiacchiere, però ci tengo e ci tengo molto proprio perchè non esiste persona con la quale abbia parlato prima di partire che mi abbia detto queste cose, anzi, il più (o almeno chi era già stato) ha solo posto l'attenzione alle accezioni negative, che per carità, ci sono e ci saranno sempre, in Marocco e in tutte le altre parti del mondo, ma non spendere nemmeno due parole sulla cordialità e il calore di queste persone è davvero un peccato e il rischio è che qualche ragazza intenzionata ad andare magari si sia fatta scoraggiare da queste dicerie, frutto di stimoli superficiali e negativi di tutte le testate giornalistiche attuali.

Allora la domanda sorge spontanea: ma perchè se avevi paura che potesse accadere qualcosa di brutto sei andata comunque?
Perchè per tutti quelli che conosco ogni esperienza nuova è sempre la più pericolosa e mortale; lo è stato attraversare l'Italia, poi tutto il resto e infine certamente il Marocco. Perchè se non fossi partita tutte le altre volte adesso starei sicuramente li a chiedermi cosa avrei fatto, cosa avrei provato e come questo mi avrebbe cambiata. Invece l'ho fatto e adesso non ho dubbi e ho capito bene che la priorità nella mia vita è fare tutto quello che voglio, senza porre limiti, ovviamente dove e quando è possibile (sopratutto per il mio portafoglio); è la libertà quella di cui sento un bisogno assoluto ed è la stessa libertà che le parole degli altri non possono togliermi. Per questo decido di viaggiare e di farlo da sola.




Italian Coast to Coast from Roma to Pescara

"In natura un contorno non esiste, dunque la forma disegnata dall'artista non è un elemento realistico, ma una sorta di spettro"

G. De Chirico

Post più popolari