giovedì 19 aprile 2018

I viaggi del disagio - destinazione Etna, questa sconosciuta - da quota 0 a 3.300

Non viaggio mai in compagnia,
non mi piace

sono intollerante agli itinerari, ai programmi, alle tappe forzate, al dover parlare per forza

pur di non discutere aprendo un dibattito approvo la qualsiasi cosa e per questo poi mi ritrovo in posti che non volevo vedere o che vedo con gli occhi di qualcun altro

ma è anche vero che viaggiando da sola ho conosciuto persone che (siccome viaggiano da sole anche loro) ragionano allo stesso modo. Ce ne sono molte nell'elenco, ma ce n'è uno in particolare con il quale ho trovato uno strano feeling. Ci conosciamo da anni, ma non ci conosciamo affatto, non ci sentiamo mai, non sappiamo niente uno della vita dell'altro, in un certo senso siamo come due perfetti sconosciuti, e forse è questa la cosa che rende il nostro legame particolare.

Lui è un disadattato, un orso bianco, uno che viaggia da solo in posti assurdi, uno per cui la stima è tanta, ed entrambi pensiamo l'uno dell'altra di essere disadattati della società, anche se il suo carattere si distacca completamente dal mio.
Di solito ci mandiamo un paio di messaggi all'anno, iniziano sempre con un generico "ciao come va?" di circostanza e poi passiamo direttamente ai fatti con "che ce lo facciamo un giro?".
Vivendo poi in città abbastanza distanti non è nemmeno semplice trovare un punto di incontro comodo, ma una delle passioni che abbiamo in comune è l'Abruzzo, quindi facciamo in modo di farlo diventare destinazione di viaggio.

Questa volta però mi ha stupita; qualche settimana fa mi manda un messaggio:

- Ale non sono mai stato sull'ETNA, andiamo?
- Nemmeno io, entro stasera ti dico i voli che partono

Biglietti presi, si parte con la compagnia lowcost per Catania.
Biglietti lowcost veramente, però imbarco bici eccessivo. I giorni liberi sono davvero pochi per permettersi 15 ore di treno, pur di risparmiare sull'imbarco attrezzatura, con lo stesso tempo potrei arrivare a Kuala Lumpur (Malesia - 14h di volo contro le 15h di treno per CT), dall'altra parte del mondo.

La scelta è davvero sofferta, ma mi rifiuto di spendere tutti quei soldi per imbarcare la bici, è più una questione di principio che economica, così decido di scrivere a Giovanni, che assieme a Danu hanno da poco aperto un'associazione Ciclabili Siciliane, che si occupa di sviluppo di turismo sostenibile all'interno dell'isola.

- Ciao Giò, io e un amico abbiamo deciso di fare qualche giorno sull'Etna, tu hai qualcuno da consigliarci per un noleggio bici?
- Noi facciamo noleggio bici, ve le portiamo da Palermo sul posto e poi ce le veniamo a prendere, così ci vediamo che è da un anno che non parliamo

Che cos'è l'ETNA?

"A Muntagna", la Signora viene riconosciuta con questo nome dai miei corregionali. Sappiamo tutti quanti che è il vulcano (tra l'altro attivo) più alto d'Italia, con i suoi 3.343m di altezza (momentanei) e un diametro di 40km occupa una superficie vastissima, per noi ambiente perfetto dove perdersi tra boschi e mini-deserti lavici, che se penso che in 18 anni della mia vita passati in Sicilia non ho mai avuto la curiosità di esplorare, mi viene da prendermi a schiaffi.
L'Etna comunque rimane per me quel mostro che da bambina mi faceva tanta paura. Pur trovandosi a più di 100km dalla mia vecchia casa la paura che la lava potesse arrivare a invadere le vie della città durante la notte era un incubo ricorrente, per questo ne conservo un ricordo affascinante; adesso pensare che da quei 100km che separavano il mio comodo letto mi troverò praticamente dentro la sua bocca, dentro una tenda spessa pochi millimetri, ha risvegliato la bambina che è in me.

Curiosità, per me è la parola chiave di ogni viaggio, breve o lungo che sia.
La curiosità di mettersi davanti i propri incubi a distanza di tempo e vedere come va a finire.
La curiosità di vedere se anche noi in Italia, e nello specifico in quella terra che da piccola ho odiato e nel tempo ho imparato ad amare, la Sicilia, non abbiamo niente da invidiare a posti che ho sognato di visitare per tanto tempo, ho visto e poi ho immagazzinato nella mente come un bellissimo ricordo.
La curiosità, per me, di tornare indietro nel tempo e dare una seconda possibilità alla terra che ha formato il mio carattere.

Insomma, sono curiosa e basta.

il pentolino attaccato allo zaino è classe
I viaggi del disagio oramai è uno stile di vita. Non so nemmeno come sia nato questo nome, in realtà è semplicemente il disagio di non avere niente di prettamente tecnico ma di provarci lo stesso; io e il mio socio portiamo via dell'attrezzatura, chili e chili di roba che trasciniamo a fatica e ovviamente tanta sfortuna con un pizzico di spirito di adattamento.




Ad ogni modo, ogni volta che decidiamo di fare qualcosa so già che tornerò a casa distrutta

esempio di (dis)adattamento (da notare il calzino bucato)

L'Etna è pur sempre una montagna con un'elevazione per niente da sottovalutare e io soffro il freddo in un modo esagerato, però mi piace la montagna e allora cerco di fare il possibile per adattarmi a questo ambiente.

Mi ritrovo così a dormire (!) sul tetto della Sicilia, con venti che soffiano a 80km/h, temperatura sotto zero e una tenda da picchettare assolutamente non adatta a questo tipo di iniziative, però si fa, in qualche modo si risolve sempre e il discorso è che devi sempre risolvere i problemi con quello che trovi a disposizione nel tuo raggio d'azione.




Partendo direttamente dal dunque ci siamo ritrovati in un supermercato di Nicolosi con 1kg di tortellini in mano



- Con questi ci facciamo due cene da paura

credo siano state parole mie, in quel preciso istante in cui ho dimenticato quanto odio il sapore dell'uovo e quanto sofferta sarebbe stata la cena dei giorni seguenti

Wild Camping, anche se all'italiana sarebbe Campeggio Selvaggio e alla siciliana n'abbiammu ammienzu ai rasti



Ma noi siano international e lo chiamaeremo Wild Camping.
E' semplicemente il rifiuto di strutture attrezzate per dormire (anche in tenda), la ricerca del luogo perfetto dove potersi buttare chiudere gli occhi e riposare in attesa che i primi fili di luce l'indomani facciano da sveglia. Il wild camping viene con l'esperienza, ed è un pò come saper accendere un fuoco con la legna raccolta invece che usare la carbonella comprata. Non ho mai avuto paura di dormire all'aperto senza una struttura di protezione, ma sapersi adattare è una prerogativa imprescindibile da questa filosofia.
Noi ci adattiamo a tutto, io invece devo ancora imparare, il più delle volte, se la temperatura scende sotto zero è inutile anche solo sperarci: non chiudo occhio.


Ma non è questo il caso del Campo Base 1 a quota  1.200m sul Monte Sona (cono avventizio, ovvero un cratere che si forma quando il flusso di magma sotterraneo devia dal condotto principale per dar luogo ad eruzioni laterali dirante le quali le scorie si accumulano, formando i coni che rimangono attivi solamente durante l'eruzione per poi spegnersi per sempre e questo in particolare si è fromato tra il 1.000 e il 1.300 d.c.) perchè siccome siamo in Sicilia, comunque la temperatura è molto ragionevole, anche a 1.200m di altezza.

Il mio incubo si fa sempre più vicino

Sapevamo che risalendo la montagna lungo la statale avremmo beccato il nostro ultimo punto di appoggio al Rifugio Sapienza, dove un enorme parheggio e una marea di ristoranti sono pronti ad accogliere il turista più esigente in materia di Arancina.

Quello che non sapevamo, ma un pò sospettavamo, era che oltrepassato quel punto la strada sarebbe diventata senza dubbio non fattibile per percorrerla con due bici e 20kg di bagagli a testa.
Ci pensiamo e prendiamo la seconda decisione sofferta del viaggio: abbandonare le nostre bici e proseguire la scalata a piedi. Ma le bici non sono le nostre e farsele rubare quando te le hanno prestate non è il massimo della gentilezza (ricordando le parole di Giovanni: mi raccomando ragazzi, non ve le fate rubare e non buttatele dentro un cratere), quindi cerchiamo una persona fidata che le possa tenere sott'occhio, senza ovviamente far capire le nostre intenzioni.



Tentativo n.1

Di fianco a uno dei tanti ristori del Rifugio Sapienza c'è uno stand che affitta bici elettriche e quad, si pensa di lasciare le bici nel loro gazebo
Mi affaccio, c'è un tipo barbuto che mi guarda storto e già penso che il tentativo sarà inutile

- Ciao - con aria di vaghezza - ma per caso sai come stanno messe le strade che portano dal versante sud al quello nord della montagna? - il mio inutile approccio, un accenno di socializzazione prima di chiedere un favore

Mi guarda, come ovvio, con aria esperta e super vissuta

- Ciao, non puoi salire su - sgamata! - la condizione delle strade non è accessibile e sopra i 2.900m hai bisogno di una guida aplina - cioè me, cioè pagami, cioè ma ti pare che facciamo andare tutti su così?

- Ah, ma no, era solo per curiosità - faccio finta di guardare qualche cartina appesa al muro ed esco lentamente

Tentativo n.2

Aspettiamo che il tipo barbuto si dia il cambio con il secondo tipo barbuto e mando il mio socio

- Non gliel'ho chiesto, parlava al telefono e mi guardava con aria da esperto -

Tentativo n.3

Non possiamo bruciarci l'ultima possibilità e l'ultimo tipo sembrava il più simpatico, abbiamo barattato uno sguardo alle bici per un caffè al bar

- Ma noi chiudiamo alle 17 -
- Vabbè, magari riusciamo a tornare prima, al massimo prendiamo una stanza e recuperiamo le bici domani -

Si va, ottimo, e la stanza l'abbiamo prenotata davvero, una suite cratere laterale vista monte (cratere sommitale)




E' la signora, e noi dormiamo ai suoi piedi, dopo più di 8 ore di cammino e uno stronzo che voleva fare la spia, francese, e si sà, i francesi rompono sempre le scatole.

Sopra i 2.900m bisogna andare con la guida

A 3.000m, poco prima del Campo Base 2 con questa bellissima vista, becchiamo una guida alpina con un gruppo di persone che scendono il versante direzione rifugio. Le persone erano 3, uno di questi 3 era francese e mentre noi guardavamo a terra sempre con quel senso di vaghezza di chi sta facendo una cosa che in teoria non andrebbe fatta lui ci guarda e ci augura la buona notte, strillando, all'orecchio della guida.
Nessuna conseguenza per fortuna, solo lo sguardo distratto della guida che per un attimo ha cercato di capire dove stessimo andando.




Piantata la tenda, mangiato i tortellini, bevuto la birra, capisco che quella notte non avrei proprio dormito e lo capisco perchè la situazione l'avevo già vissuta nella Death Valley:
terreno roccioso, impossibile da picchettare, tenda sorretta da massi (lavici, quindi super affilati), vento, un vento della madonna.

Ore 2.00 del mattino, all'incirca: mi accorgo di vedere le stelle, nel senso che la copertura della mia tenda è volata via e il cielo è limpido, quindi si vedono veramente le stelle.
Mi alzo di corsa, prima che il telo finisca dentro il cratere, prendo due/tre pietre coi piedi scalzi, giusto per farmi un pò di male, ricopro la tenda e nell'affrettarmi prima che il mio sacco a pelo diventi di nuovo ghiacciato la poziono su una roccia troppo appuntita e di conseguenza la strappo; questo giusto perchè la sera stessa stavo pensando di rivenderla a qualche amico.
Non riesco comunque ad essere infastidita da tutto questo, non posso: mi guardo ai lati, sono all'interno di un cratere, guardo sopra e vedo quelle freddissime, ma affascinanti stelle, lontane dalle luci della città, guardo di fronte e vedo l'Etna, sta fumando, in questo momento riposa pure lei, ma sappiamo benissimo che è viva e respira. Non posso essere infastidita da tutto questo, altrimenti non sarei andata lissù.

L'indomani chiedo al mio socio come ha passato la notte

- Ho dormito benissimo -

benissimo ... io ho solo accumulato minuti di sonno, ma sono stata sveglia la maggior parte della notte, è per questo che si chiama disagio

La foschia non aiuta di certo, anzi, la vediamo come pericolosa nemica pronta a farci mettere i piedi su qualche crepaccio. E vediamo che lenta si avvicina a monte, per cui decidiamo di affrettare davvero il passo, il rischio è quello di essere venuti qui per nulla, perchè se la foschia ci immerge noi sicuro non siamo così pazzi da salire in cima a un vulcano attivo.
Proseguiamo seguendo quello che doveva essere il sentiero per arrivare in cima, un pò osservando vecchie tracce lasciate da qualche guida sulla neve oramai ghiacciata e vecchia, un pò guardando l'altimetro, ma sopratutto osservando innervositi che il vento ha cambiato direzione e la fumata bianca dell'Etna che prima si rivolgeva al versante nord adesso ci sarebbe venuta addosso in pochi minuti.

Salire dalla parte del sentiero è impossibile



Il vento che prima soffiava a nord ovest, adesso viene dritto da noi a sud ovest e ci investe in pochissimo tempo; i polmoni bruciano e cominciamo a scappare giù in fretta, prima che quale fumo ci faccia stare male.
Ci siamo giocati così quasi 300m di dislivello in positivo, che per noi è quasi 1h buttata via, ma non si può mollare così, decidiamo di mollare tutta l'attrezzatura legandola per non farla scivolare via e prendere la direttissima, mentre ci avviciniamo sempre più alla sommità fumacchioli escono timidi dalle rocce.

E' l'ultimo passo prima di arrivare su.
Non sembra, ma la salita è davvero ripida, faccio un passo e ne scendo due, mentre il mio socio arriva con un buon passo in cima e so che mi sta aspettando godendosi in solitaria quel maestoso paesaggio.





Una montagna quando la scali ha una cima, di solito arrivi e poi guardi giù, un vulcano invece, anche se è pur sempre una montagna, quando arrivi non guardi in giù, perchè c'è un enorme buco dal quale, secondo i sogni che facevo da bambina doveva vedersi della lava fluida, inarrestabile, invece nella realtà vedi solo tanto fumo e sai che sotto quel fumo c'è l'inferno, più o meno come quello descritto da Dante. E questo mi regala impressioni del tutto inaspettate, come se sentissi che c'è una natura viva, la roccia è viva, il fumo si muove, fuori è ghiacciato, dentro non riesci nemmeno ad immaginare quanto caldo possa essere e l'odore di zolfo permea ovunque, è uno spettacolo.



Siamo sul cratere sommitale, bocca nuova, di fronte a noi il cratere di nord-est, e ai lati il cratere di sud-est e il nuovo cratere di sud-est

ce l'abbiamo fatta

e mentre siamo ancora su, raccogliendo le ultime immagini per la memoria dei ricordi felici sopra di noi un elicottero

- Ma non starà mica cercando noi? -

ripenso a quel francese maledetto

- Spero proprio di no, non ho i soldi per pagare questa cazzata che abbiamo combinato -










martedì 3 aprile 2018

Raid di Femmina Morta - la tradizione pasquale

Quando riesci a spostare il limite, anche se di poco, pochissimo, vuol dire che hai comunque conquistato un grosso obbiettivo, anche se quello che volevi raggiungere dista ancora parecchi km e parecchi metri di dislivello.

Non era questo quello che mi passava in mente mentre sabato pomeriggio in treno raggiungevo Sulmona attraversando i paesaggi collinari laziali e più avanti quelli più selvaggi dell'Abruzzo.
Pensavo che comunque avremmo dovuto dare il tutto per tutto per almeno provare ad arrivare a meta, quella meta che già lo scorso anno ci eravamo prefissati come punto limite.

Ale, sopra i 3.000m il mondo cambia completamente

Con questa frase, eccitante quanto basta, è iniziata la strada che porta in cima al Monte Amaro, il punto più alto della Majella.

Non si tratta di una semplice scalata in bicicletta su asfalto, no, qua l'asfalto finisce subito e bisogna lavorare con la mente per cercare di superare la soglia di tolleranza che le gambe, ma non solo, si tratta di tutto il corpo, sono abituate a raggiungere, a volte superare; è il cervello che muove tutto.
Si tratta di entrare dentro i boschi, su sentieri ripidi e, se si è fortunati, il terreno accompagna fino a quote abbastanza alte, se invece ha nevicato, o sta nevicando, bisogna tenere bene a mente che la cosa diventerà sicuramente più ostica del previsto.
Non importa comunque, già il solo fatto di essere li, e provarci, ha un fascino tutto suo. Lasciamo alle spalle routine, brutte giornate, stress da città e ci immergiamo completamente in un fitto sistema di alberi e fauna che a un certo punto lasceranno spazio solamente a roccia, ghiaccio e vento e quindi, una volta arrivati su, tutto quello che siamo nel quotidiano non ci riguarderà più.
E' per questo che lo faccio.

Lo scorso anno, sorpresi da una nevicata improvvisa abbiamo dovuto abbandonare il nostro obiettivo solamente arrivati a 1.200m sul versante sud-ovest della montagna, dove un sentiero, illeggibile in quel periodo dell'anno, ci avrebbe dovuto portare in cima arrampicandoci su una scarpata, come fossimo caprette.

Non facciamo gli stessi errori dello scorso anno, il Monte Amaro è raggiungibile da ogni versante della Majella

Decidiamo di attaccare dal versante più esposto al sole, quello che sta a sud-est. Il gestore degli impianti di risalita ci fa sapere per telefono che è tutto spento, non c'è neve, nessuno sale sopra se non può divertirsi a sciare.
Per noi è un'ottima notizia, ci risparmiamo un bel pezzo di neve, che sicuramente ci farà risparmiare tempo e fatica.

Le previsioni danno forti venti, parliamo di 50/60 km/h, che con una temperatura che oscilla sui 7/8° può creare un effetto che fa percepire la temperatura come fosse a -18°. Noi dobbiamo dormire lissù, con quel vento, in tenda

Il primo obbiettivo è arrivare a 1.700m da quota 400m e avvantaggiarci in modo tale da affrontare subito il pezzo più ripido.
Partiamo da Sulmona dopo le 20.00, fuori ha smesso di piovere a dirotto, adesso piove, ma poco. Bisogna stare caldi, la temperatura comunque è abbastanza bassa, ci fermiamo solo per entrare in quei piccoli bar che incrociamo sui paesini sotto la montagna.
E' bello, perchè questo non è mai fatto con spirito agonista, di prevalsa, di orgoglio o frustrazione, non è un fatto ormonale, ci va e basta, anche con la pioggia, di notte, comunque vada, in qualsiasi punto decideremo di smettere, andrà sempre bene

Io ai posti mi affeziono

Cansano è un piccolissimo paese, l'anno scorso ci siamo fermati per una birra al bar sulla piazza.
Adesso passiamo e quel bar è chiuso.
Sento come un pezzo della mia vita che non esiste più, eppure è stupido affezionarsi ai luoghi, è solo un bar, uno come tanti, anche se per me è quel bar dove quella volta io e il mio amico ci siamo fermati per una birra, con la cartina della Majella aperta sul tavolo a cercare percorsi fattibili, un modo per salire sopra.
Rivedo quelle due sagome appoggiate al tavolino, eravamo noi un anno fa, con meno esperienza, con una vita diversa, con altri obbiettivi.
Adesso siamo di nuovo qua, come due stupidi a ritentare qualcosa che sappiamo essere troppo difficile per avere la certezza di chiuderlo, eppure ci proviamo, anche con più entusiasmo di un anno prima, proprio perchè sappiamo cosa ci aspetta tra qualche ora, mentre siamo ancora li, bagnati e freddi, a cercare un riparo temporaneo e caldo che ci dia energia per continuare.
Queste cose non ce le diciamo, ma sono sicura che le pensiamo entrambi; con lui è così, a volte le parole sono superflue.

Sei un gigante di ghiacchio, stai lì ferma, sotto di te la vita di paese, gente che beve e che mangia, un giorno di festa; eppure potresti ucciderci tutti e basterebbe un attimo, ma tu stai ferma dove sei, e guardi con sufficienza quella vita lì, che non ti riguarda, mentre secoli e secoli di vento ti hanno disegnata e continuano a farlo il maniera impercettibile

La Majella al buio è bellissima, sembra che una pennellata bianca, su quel fondo nero, abbia volutamente separare il cielo, adesso nuvoloso, dalla roccia, molto più in fondo le luci di un paese di cui non conosco il nome, con i suoi abitanti, magari ubriachi o magari al riparo davanti un camino acceso, sotto delle coperte calde.
Passiamo Campo di Giove, appena dopo la mezzanotte, e la pioggia si è trasformata in leggeri fiocchi di neve. Un tipo ubriaco al bar dove ci siamo fermati una decina di minuti in paese ha chiesto la nostra direzione.
Il mio amico inventa una meta finta, con la naturalezza di un bugiardo cronico. E' abituato a sfuggire alla gente, mentre io lo assecondo ma incredula mi chiedo perchè lo stia facendo

Quello li, se gli dicevi la verità, sai che testa ci faceva?

Rido, non posso dargli torto, in fondo che importa? Lì, da un'altra parte, in un altro posto ancora, comunque a prescindere da quello che avrebbe detto saremmo andati comunque.
Arriviamo agli impianti e cominciamo a risalirli.
Ci facciamo forza l'un l'atro, perchè la salita è ripida, le bici sono solo un grosso impedimento, le mani si congelano solo provando a togliere i guanti, ci fermiamo ogni 50m di dislivello, cerchiamo di mangiare qualcosa, ma il vento a tratti sembra che frusti la carne scoperta. Continuiamo a ripeterci che dopo quella curva il dislivello si addolcisce, ma non è vero, peggiora sempre di più e tira sempre più vento e la notte si fa sempre più fitta.
Dobbiamo chiuderla per forza, non possiamo piantare la tenda in picchiata, e poi secondo noi la piana sta proprio dietro l'angolo.
Sento che i crampi cominciano ad arrivare.

Cosa ci faccio io in piena notte sul versane di una montagna, sotto la neve, trascinando a fatica una bici e un carico sulle spalle, per arrivare in un punto che poi non so nemmeno se potrà garantirmi un posto non esposto dove dormire?

L'ultima curva ho fatto un atto di fede, ho pensato che se non era veramente l'ultima probabilmente non saremmo mai arrivati.
Ma c'era quel vento fortissimo che mi faceva capire che c'eravamo, stavamo per scavalcare il primo passo.
Il mio amico non lo vedevo più, solo un faro nella notte lontano parecchi metri, che si agitava e ogni tanto guardava dietro per capire se c'ero ancora.

Arriviamo sopra, una sola folata di vento e mi sposto di qualche metro, capisco che devo fissare meglio i piedi e abbassare il baricentro, altrimenti richio di finire giù, perchè tanto non si vede niente.
Adesso capisco che ho sudato, lo so perchè sotto i vestiti quel sudore comincia a ghiacciarsi velocemente, dobbiamo sbrigarci prima che i muscoli diventino freddi.
Grido perchè lui è andato ancora avanti, probabilmente non si è reso conto che avevamo superato la struttura dell'impianto, ovviamente non mi sente, troppo vento, energie sprecate. Lo raggiungo più in fretta che posso e indico l'impianto.
Troviamo una baita, siamo felici come non mai, quel muro ci permetterà di ripararci dal vento.
Impossibile piantare la mia tenda, dovrei fissare i picchetti su una grata sotto la tettoia, troppo difficile in quelle condizioni, così piantiamo la sua.
Io entro alla fine, in quella tenda da un posto, già occupata dall'attrezzatura.
Ci stiamo appena, incastrati e impossibilitati a muoverci.
Tolgo la scarpa destra, prima di entrare le gambe dentro, e in un solo attimo il piede diventa di pietra. Quel sudore in un secondo rapidissimo mi si è congelato addosso. L'altro piede lo entro con la scarpa.
Il sacco a pelo mi avvolge, anche la testa rimane dentro, una sola fessura per respirare e chiudo gli occhi.
Sono le 3.45 del mattino quando finalmente la giornata si può dichiarare chiusa.

Non ho dormito, solo microsonni di 10 minuti, il piede è rimasto congelato fino al giorno dopo.
Un raggio di sole sugli occhi socchiusi e capisco che si è fatto giorno.


Pipì, mi scappa proprio.
Non ho avuto il coraggio ieri notte, ma adesso non posso proprio rimandare.
Sono le 7.00 e la giornata inizia con quest'unica impellente necessità.
Nessuna sveglia, nessun appuntamento, nessun capo, nessuna responsabilità se non quella di scongelarsi in fretta per ricominciare da dove avevamo lasciato.

Quanti giorni sono passati? Solo poche ore, appena 12 e sembra quasi una settimana. Ma sto così bene che il mio cervello si convince che in realtà i giorni siano mesi, non si può stare bene in così poco tempo

Il sole ci da speranza, la giornata prometteva così bene che ci eravamo pure convinti di potercela fare ad arrivare in fondo.

7km - 1.300m di dislivello - 10 ore di luce
Vento in faccia si, ma il cielo sereno e la visibilità buona sono due ottimi compagni di squadra.
Arriviamo a scavalcare il primo pendio, saliamo ancora di un pò di metri, siamo proprio convinti, poi leggo in faccia al mio amico l'espressione di chi ha perso le speranze, allora guardo indietro e vedo quel grosso enorme cappello grigio che rapidissimo si avvicina.
E' un attimo, le condizioni cambiano e non ci lasciano speranze.

Torniamo indietro vero?

Si, tra poco non ci sarà più visibilità

Ci riproviamo l'anno prossimo, prima o poi ce la facciamo

Mentre scendiamo giù dallo stesso versante, il giorno ci svela quello che la notte prima ci eravamo permessi di fare e sono del tutto convinta che il buio ci abbia dato la spinta per scalare, se avessi guardato in faccia quel versante nascosto nella notte non avrei mai provato a scalarlo.




Ale, quanti giorni sono passati?

Poche ore

Troppa roba, sembra una settimana


Ci siamo andati molto più vicini questa volta

Si

Mi sento distrutta e felice

Anch'io 






Pasqua 2018

Italian Coast to Coast from Roma to Pescara

"In natura un contorno non esiste, dunque la forma disegnata dall'artista non è un elemento realistico, ma una sorta di spettro"

G. De Chirico

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