domenica 1 luglio 2018

I viaggi del disagio - Scafa/Campo di Giove VIA Monte Amaro

Chi già conosce la filosofia che adottiamo per i viaggi del disagio sa bene che dietro tutto questo di pianificato c'è ben poco; più che altro la volontà e la voglia di fare una cosa e portarla al termine, nel rispetto sempre e comunque della nostra salute e della natura che andiamo ad esplorare.

Qualche anno fa, più o meno tre se non sbaglio, vengo a conoscenza tramite una ricerca google di un posto che si chiama "Fondo di femmina morta". Si trova sull'altopiano della Majella, a 2.500m di altezza percorribili per 7km lungo il costone della montagna. Raggiungerlo è possibile farlo da più direzioni in base al grado di difficoltà che si vuole affrontare. Io e il mio socio del disagio però avevamo la fissa di voler percorrere la Majella per lungo, passando dalla cima più alta sul Monte Amaro (2.793m). Più volte abbiamo provato a raggiungerlo, partendo da sud, ma capitando sempre nel periodo di pasqua non facevamo altro che andare incontro a braccia aperte al clima troppo sfavorevole per poter chiudere il giro che volevamo fare.
Per fortuna, una serie di eventi quest'anno mi hanno portata ad avere diversi giorni liberi da sfruttare e quindi, come sempre tramite una breve serie di messaggi molto coincisi, io e il mio socio decidiamo di prenderci un fine settimana lungo per provarci ancora una volta.

Oramai è rinomato il fatto che io non ho una patente, mentre il mio socio non ha un mezzo di trasporto, quindi la cosa più logica da fare in un caso del genere è informarsi sui mezzi di trasporto e procedere fin sotto la montagna tramite un bus, ma noi facciamo i viaggi del disagio per cui poco importa di arrivare freschi e puliti ai piedi della Majella, noi vogliamo vivere il disagio puro e decidiamo quindi di partire a piedi direttamente dalla stazione di Scafa, ovviamente appena arrivati, ovviamente verso l'imbrunire.

A sinistra il nostro maldestro tentativo di recuperare la foto non fatta a Scafa perchè nella fretta di darci da fare ci siamo fatti prendere dall'entusiasmo e siamo partiti spediti in direzione del massiccio.

Attenzione, adesso parto con la parte malinconica/sentimentale/personale/patetica del viaggio:

in quelle calde estati siciliane, quando ero ancora troppo piccola per vagabondare in giro da sola e troppo grande per passare il tempo con giochi e simili, sdraiata sull'amaca nella veranda della campagna, dondolandomi con un piede sul muro osservavo spesso la luna e ascoltavo in silenzio i versi delle cicale e di tutti quegli animali che solitamente possono far compagnia nelle estati silenziose e solitarie di un posto come quello in Sicilia. Pensavo tra me e me che la notte è molto affascinante, per una serie di motivi, uno in particolare è la sensazione di essere ancora più soli perchè tutti quanti dormono e quindi nessun occhio indiscreto può osservare nascosto in un angolo, nessun occhio può giudicare, nessun occhio può mettere in discussione le tue mosse. Guardavo la luna e pensavo che sarebbe stato bellissimo prima o poi, invece di fantasticare, trovarsi a passare davvero le notti in giro, per i boschi, osservando in modo discreto le usanze dei luoghi, senza mai farsi sorprendere da alcun uomo, ma farsi sorprendere solamente dai pensieri, quelli del momento, pensando che in fondo domani ci sarà da vedere altro, ci sarà da pensare ad altro.

Penso che tutti quanti abbiamo dimenticato i nostri desideri di quando eravamo più piccoli, ma che inconsciamente facciamo di tutto per realizzarli, così 20 anni dopo, in una notte di fine giugno, mentre silenziosamente attraversiamo un luogo mai visto prima, mi giro a guardare le luci di un paese che sicuramente di giovedì sera al crepuscolo sta già pensando di andare a dormire e ricordo la sensazione di vuoto dell'amaca e ricordo l'odore della campagna e ricordo quei grilli e saluto quella non ancora adulta con un sorriso pensando quasi di sussurrarle all'orecchio: se solo sapessi tutto quello che ancora hai da vivere!


Dopo più di 20km a piedi in salita, di notte, siamo stanchi, anzi distrutti e decidiamo che buttare le tende sul pratone di fronte ad un albergo chiuso ai piedi della montagna con la speranza che l'indomani ci possa essere un buon caffè e una colazione a svegliarci ci farà dormire sicuramente meglio, così chiudo la zanzariera, mi sdraio e per la prima volta dopo mesi riesco a dormire senza mai aprire gli occhi nel cuore della notte, senza pensieri, senza paure; non è di certo uno dei posti più belli dove ho dormito, ma è l'influenza della montagna che ci osserva dall'alto che mi fa stare meglio, o forse è dormire in un posto che non conosco ma sa di casa, o forse è solo la stanchezza, ma di certo so che mi fa star bene ed questa è l'unica cosa che conta.


E svegliarsi con il furgone del proprietario parcheggiato e l'odore del caffè in mente rende il tutto ancora più bello. Ci aspetta una giornata veramente impegnativa, quel caffè (anzi quei due) me lo godo fino all'ultimo goccio e mentre aspetto che il mio socio finisca di sistemare l'attrezzatura guardo la Majella e penso: tesoro mio, tu oggi mi darai proprio una bella lezione!


Già attaccando dal versante Nord capisci che non sarà una passeggiata, ma noi di tempo ne abbiamo, e anche di voglia, per questo prendiamo tutto con calma, quella calma che comunque fa bruciare i muscoli della cosce, degli addominali, dei glutei, ma lei è troppo bella, quindi tutto questo passa inosservato, e ci lamentiamo silenziosamente mentre tra una pausa ed un'altra non possiamo smettere di fare quei tipici versi di due bambini dentro un negozio di caramelle.
Il cellulare non prende, sono la persona più felice del mondo, quando il cellulare non prende vuol dire che stai andando nella direzione giusta, quella del "non me ne frega niente di quello che succede intorno a me, esiste solo tutto quello che riesco a vedere fino all'orizzonte, tutto il resto può aspettare e se non aspetta a maggior ragione non me ne frega niente"


Il primo step è andato, quello che vediamo è il Bivacco Carlo Fusco, una struttura gialla in mezzo alle mille tonalità di marrone della montagna, sappiamo che la strada è ancora moooolto lunga, ma noi come sempre abbiamo tutto il tempo del mondo e anche il clima questa volta sembra essere dalla nostra parte, abbiamo solamente qualche banco di nebbia che ogni tanto ci taglia la visuale e pazientemente aspettiamo avvolti dal freddo della nebbia che il vento porti via quelle goccioline rarefatte per spianarci nuovamente l'orizzonte e farci proseguire in sicurezza, e quello che si apre alla vista ogni volta che la nebbia va via è ovviamente lo spettacolo degli spettacoli






Trova il CAMOSCIO



Trova la DISAGIATA



Proseguiva tutto per il verso giusto, ed eravamo anche molto contenti del nostro passo che stranamente, per due che l'ultima volta che avevano fatto attività fisica era stato quella volta ad aprile che siamo andati sull'Etna, era nella media, se non superiore a quello che avevamo calcolato.
Mancava ancora poco, solamente gli ultimi 3 portoni con 300m di dislivello fino alla nostra meta, la cima del monte Amaro, dove volevamo passare la notte, quando ci accorgiamo di un piccolo problema tecnico: il percorso segnato a un certo punto viene bruscamente interrotto da un cumulo di neve vecchia non ancora sciolta, proprio sulla cresta, una di quelle cose che se non viene affrontata con la testa, visto che non siamo attrezzati, può anche farti dire ciao ciao alla tua cara vita.




C'è sempre una raffica di pensieri che viene in mente in una situazione simile, tutti assieme, tutti velocissimi, tutte soluzioni che potrebbero essere giuste o sbagliate e tra tutte quante bisogna scegliere la meno peggio, anche se questo vuol dire che nonostante l'acido lattico bisogna fare un ulteriore sforzo e non pensare che oltre il peso del corpo stai trascinando anche un bambino morto dentro lo zaino; quindi: tornare in dietro non si può, è troppo tardi, passare la notte li sarebbe inutile, il problema non si risolverebbe lo stesso, passare da sopra (la soluzione che avrei adottato io) è la scelta più veloce, dovremmo solo arrampicarci per pochi metri e scavalcare l'altra parte della cresta, ma non sappiamo se i massi possono reggere tutto il peso che trasciniamo e non ci va di sfidare la morte e non sappiamo cosa c'è dall'altra parte. Non rimane che scendere lentamente sul fianco, appena sotto il covone di neve, facendo attenzione a non scivolare sulla roccia friabile per ritrovarsi con una spalla rotta a fondo valle mentre i sassi scivolano via schiacciandoti le dita



per poi risalire, altrettanto lentamente sempre facendo attenzione a non mettere un piede in una punto troppo friabile che potrebbe farti scivolare giù e lì sarebbe un casino



E' l'adrenalina che mi fa muovere così in sicurezza, perchè l'acido lattico al pensiero di trovarsi schiantati a fondo valle è sparito del tutto e son tornata indietro al giorno prima, quando sono scesa dal treno. E' andata bene, anche questa volta, siamo felici di aver attraversato quel pezzo e anche se abbiamo perso 30 minuti preziosi non importa, siamo felici comunque.

La strada prosegue, adesso ci sembra davvero una passeggiata di salute. Nei rari momenti di calma sulla destra ci si apre lo spettacolo della valle dell'Orfento, mentre noi la osserviamo dai 2.700, ci reputiamo fortunati a poter godere di quello spettacolo indisturbati perchè in più di 11 ore di cammino non abbiamo incontrato anima viva, solo camosci e silenzio spezzato dal vento. Tutto questo non capita ogni giorno e io ringrazio sempre la mia forza di volontà che mi spinge a farlo, che vita sarebbe senza tutto questo? 


Super stanchi, coi piedi pieni di vesciche e gli occhi gonfi di bellezza arriviamo trascinandoci a malapena sui sassi, ma quella piccola struttura, una volta credo fosse rossa, che tante volte ho visto in foto fantasticando di poter arrivare a vedere con i miei occhi, adesso sta proprio di fronte a noi.

Io l'ho chiamata lo "Sputnik" anche se in realtà è il Bivacco Cesare Mario Pellino e non so perchè l'ho chiamata Sputnik, forse perchè nei miei sogni da bambina c'è sempre stato quello di fare l'astronauta, o forse solo perchè sono scema, ma a questo punto della mia vita non importa molto

Abbiamo una bottiglia di spumante, avremmo dovuto aprirla la sera, ma basta un solo sguardo una parola detta a mezza voce e la bottiglia si stappa da sola e noi festeggiamo la riuscita della scalata con un panorama mozzafiato sulla cima più alta della Majella





Quello che nei viaggi del disagio ognuno vuol fare è solamente affar suo, così quando il mio socio mi dice di voler passare la notte in tenda io glielo chiedo solamente una volta: ma sei sicuro?
Ma lui ha la testa mooolto più dura della mia e decide che assolutamente deve passar la notte in tenda lissù mentre io beatamente sbroglio il mio sacco a pelo all'interno del bivacco e alle 21 sto già in coma.
Durante la tempesta che si scatena la notte ho pensato diverse volte alla salute del mio socio, ma assolutamente convinta che in caso di pericolo sarebbe stato lui stesso a voler entrare nel bivacco continuo a dormire.
L'indomani mattina, alle 7 decido che forse è il caso di andare a controllare, quindi attraverso i 40km/h di vento gelido che tagliano faccia e mani e busso alla tenda. Mi vedo la faccia di quel pazzo sorridente dentro il sacco a pelo, dopo quella notte da lupi che mi chiede la cortesia di andargli a stendere i jeans che erano praticamente zuppi.


Non faccio domande quando 1h dopo me lo vedo presentare in mutande, però più o meno mi convinco che il mondo è bello perchè è vario e di punkettoni come lui troppi pochi ce ne stanno.


Cominciamo la discesa per vedere finalmente il Fondo di Femmina Morta, dopo 3 anni di sacrificate tappe a singhiozzi. Ho paura che quel tempo così brutto riesca a rovinare il momento

E invece è il Monte Amaro che è proprio stronzo e sempre incappucciato, perchè appena 15 minuti dopo aver iniziato la discesa il vento cala bruscamente e il sole ci asciuga. Questo, penso, è un grosso regalo di questa montagna, se la sentiva proprio che forse era il caso dopo tanti sacrifici di regalarci questo panorama.







Non posso far altro che sentirmi avvolta da quella natura rude, cruda, infedele, ruvida, stronza, bellissima, l'emozione più bella ogni volta che penso che non ci sia emozione più bella, quella natura vera, molto più vera di tutte le persone che ho incontrato per strada


è veramente il Fondo di Femmina Morta e anche se chi legge può o non può capire, c'è dietro l'emozione più bella che si possa provare, un senso di pace interiore che nulla oltre questa natura può darti.
Mia madre direbbe "su quattru petre ittati ammienzu a nenti" (sono 4 pietre buttate in mezzo al nulla) ma io penso a tutto quello che c'è dietro in modo molto più spirituale e mi chiedo sempre da chi ho preso e dove andrò a finire



Tutto il resto lo abbiamo già vissuto le altre pasque. E allora ripercorriamo a ritroso quello che già abbiamo visto le altre volte e pensiamo che davvero questa è stata la volta buona e che adesso dobbiamo trovare una nuova meta, un nuovo obiettivo, un nuovo scopo, come nella vita, è per questo che amo la montagna, perchè la meta non è mai la fine

Di sotto, in ordine, io che bacio il Cartello di Campo di Giove mentre il disagio grava pesante sulle mie ginocchia; la vista della pizza incartata della conad sullo sfondo di un bar di Sulmona quando ancora non avevamo capito dove dormire; il nostro fantastico accampamento disagiato di fronte la stazione di Sulmona; un tentativo fallito di selfie disagiato con culo di mucca che volevo cavalcare per farmi gli ultimi 2km fino a Campo di Giove.

Tutto il resto bisogna viverlo e il consiglio che do sempre è di farlo a prescindere da come dove e perchè lo si fa, perchè ne vale sempre la pena





Tutte le foto sono del socio del disagio



Italian Coast to Coast from Roma to Pescara

"In natura un contorno non esiste, dunque la forma disegnata dall'artista non è un elemento realistico, ma una sorta di spettro"

G. De Chirico

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