lunedì 28 novembre 2016

U.S.A. PARTE QUARTA - considerazioni sul koan dell'albero

“Se un albero cade in una foresta senza che ci siano spettatori alla scena, l’albero produce un rumore cadendo?”
La risposta alla domanda sarebbe che se non ci sono spettatori allora l’albero non produce rumore, perche’ la realta’ non e’ oggettiva ma soggettiva, un parto della nostra mente ed e’ la nostra personale elaborazione degli aspetti fisici del mondo che permette loro di assurgere all’esistenza. 

Io non credo in molte cose, non credo nelle cose durature per esempio, e infatti era destino che dovessi forare

grazie ad una spina di cactus
in mezzo al nulla
sotto il sole
tra il Mojave e il Sonora
con 40°
poco prima del tramonto

Dopo aver individuato la spina provo in tutti i modi a toglierla, anche usando il coltellino e cercando di allargare il foro nel copertone per sfilarla, ma nulla, quella rimaneva la immobile.
Il problema era che secondo la mia cartina e secondo il mio cervello, c'era una gas station a circa 20 miglia di distanza e io dovevo per forza raggiungerla, perché ero rimasta senza carburante (cibo e acqua), ma quella maledetta spina non ne voleva sapere-
Decido quindi di avviarmi a piedi, erano le 15.00 passate, ma secondo la mia testa a piedi prima di notte sarei riuscita ad arrivare alla gas station e l'indomani avrei riprovato a togliere la stronza, magari in altri modi, magari con più calma, magari mi sarebbe venuto in mente qualcosa.
Dopo circa un'ora e mezza avevo terminato l'acqua, le mie labbra si erano completamente seccate e una piccola sensazione di disagio cominciava a farsi spazio, dando vita alla consapevolezza che stavo cominciando ad agitarmi e questo non è un buon segno.
E se non avessi raggiunto la gas station?
E' che ci sono certe situazioni che non sai mai come possono finire ed è questa incertezza che comincia ad essere pericolosa, perché non sai mai come potresti reagire a determinate condizioni fisiche.

Quando d'un tratto eccolo la, un grosso camper bianco veniva dalla direzione opposta, loro avrebbero sicuramente avuto acqua e cibo dentro.
Lascio cadere la bici, mi getto in mezzo alla strada, comincio ad agitare le braccia e a urlare.
Il camper rallenta, "eccolo" immagino "cazzo meno male Ale, che culo!!!", poi mi scansa quasi sbandando e mi sorpassa "ecco, va bene, gli americani fanno così, ci mettono un po' a fermarsi", ma poi vedo che comincia a prendere velocità e lo vedo scomparire all'orizzonte sbiadito dal colore del sole.
Ci metto un po' a realizzare cosa fosse successo, non poteva essere vero, non doveva essere vero.

Riprendo la bici e ricomincio a camminare alternando momenti di entusiasmo a momenti di completa disperazione.
Non ricordo esattamente che ore fossero, ma una macchina mi sorpassa e poi accosta. Scendono due donne, una di mezza età e l'altra poco più giovane, e mi chiedono se ho bisogno di aiuto.
La prima cosa che chiedo è l'acqua, poi dopo avergli prosciugato la tanica chiedo se hanno cibo con loro. La ragazza mi dice di no. Allora ringrazio per la gentilezza e saluto. La donna sale in macchina e scende dopo pochi secondi con una busta piena di noccioline, mi guarda e dice "so che non sono molto, ma magari ti fa piacere mangiarle". Io la ringrazio nuovamente e poi le guardo scomparire all'orizzonte. Nessun'altra macchina è passata di la quel giorno.




L'unica soluzione che ho trovato per riparare la foratura è stata usare la camera bucata per fare spessore e impedire alla spina di bucare anche quella nuova. Ha funzionato per alche centinaia di km ma nulla ha impedito a quelle spine maledette di bucare tutte le mie camere d'aria.

“Strappa la trama [del mondo naturale] e lo schema di colori si dissolve. Il disegno risiede in come il tessitore sistema i fili: in questo modo o in quello, come detta la moda. […] Dire che qualcosa ha senso significa dire che e’ cosi’ che noi lo organizzeremmo; il modo in cui ne comprendiamo la natura e cio’ che tu o io comprendiamo potrebbe differire da come lo comprende un gatto, ad esempio. Se un albero cade in un parco e non c’e’ nessuno in prossimita’, sara’ silenzioso ed invisibile e senza nome. Se noi scomparissimo, non ci sarebbe affatto albero; tutto il significato scomparirebbe con noi, a parte quello che ne trarrebbe il gatto, naturalmente.”

Fortunatamente lungo la strada per raggiungere il grand canyon ho trovato una cittadina con un negozio di bici.

Se avete intenzione di attraversare un'area deserta tenete presente che l'unica volta che non avrete sufficiente acqua per andare oltre il punto che avete fissato sarà la volta che rimarrete a piedi per un contrattempo più o meno grave.

Se vedete una persona in mezzo alla strada che agita le mani, non fermatevi alle apparenze, perché molto probabilmente non è pazza, ha solo bisogno di aiuto.

Il ragazzo addetto alle riparazioni mi ha regalato il kit per le forature e un paio di nuove camere d'aria. Poi ho comprato una tenaglia per togliere le spine e tutto si è risolto in qualche modo, alla fine del viaggio ho bucato per un totale di 15 volte. Considerando che ho cominciato a bucare dopo una decina di giorni dall'inizio del viaggio, la media era di una una/due volte al giorno.


Non è che prima di partire mi aspettassi di vedere gli indiani con le piume che fumano il calumet e dormono nelle tende, però passando all'interno di una riserva indiana mi sono resa conto di quanto questi si siano americanizzati. La maggior parte di loro è un cibo merda dipendente affetto da grave obesità, il restante percento è già ubriaco alle 14.00 del pomeriggio. Nonostante questa ssurda visione mi trovo costretta a fermarmi in una gas station e la fortuna vuole che a quell'ora in quel piccolo villaggio di ubriaconi un vecchio indiano, capelli lunghi raccolti in trecce mi fa cenno di sedermi vicino a lui. Li per li non mi rendo conto che lui fosse il capo villaggio, sinceramente vedendoli così americanizzati non pensavo esistesse ancora un capo tribù, e invece il simpatico vecchietto insiste perché mi sedessi vicino a lui all'ombra di un consumato tabellone. Lo scenario è improbabile: la mia bici è parcheggiata sul retrobottega, una vecchia pompa di benzina semiabbandonata in un piccolo villaggio sulle colline, enormi signori dalla pelle scura e trecce lunghe passeggiano ai bordi delle strade e io sono seduta di fianco a un vecchio indiano a fumare una sigaretta e a raccontargli gli ultimi giorni di viaggio tra i loro territori dai quali sono stati prepotentemente buttati fuori.






Lui ascolta in silenzio e a un certo punto mi blocca esordendo in un inglese arcaico - ragazza dalla pelle bruciata dal sole è ragazza che sa molte cose - io lo ringrazio, pensando fosse un mezzo pazzo ed entro in bottega per comprare l'acqua. Prima di lasciarmi andare mi regala una freccia e mi spiega che quelli sono i colori della sua tribù e che mi avrebbe portato fortuna lungo i sentieri della terra di fuoco.
Alla cassa una ragazza mi dice che quello è "un nome impronunciabile che non ricordo assolutamente" il vecchio capo villaggio e che raramente parla con qualcuno, quindi devo ritenermi fortunata.
E io continuo a sorprendermi del fatto che non passa un solo giorno dove non succede qualcosa di strano o improbabile.


Sta di fatto che pur non essendo scaramantica a me dopo l'incontro con l'indiano mi è cominciato a sorgere il dubbio che un pochino di sfiga quella freccia mi ha portato. Se prima tra i deserti di roccia della california e quelli di fuoco del nevada avevo bucato solamente una volta, dopo aver attaccato la freccia alla pipa della bici ho cominciato a bucare anche due volte al giorno, e ripeto, pur non essendo scaramantica, non so perché, il pensiero di sotterrare la freccia in qualche parte isolata in mezzo ad un altro deserto mi faceva ancora più paura, magari abbandonare quell'oggetto mi avrebbe portato il doppio della sfiga. Ma è così, quando viaggi il cervello ti dice delle cose che nella normalità non avresti mai pensato e anche oggi che scrivo da casa penso se avessi fatto meglio a buttarla quella freccia, ma la motivazione la scriverò in seguito.

C'era un saggio che diceva più o meno questa cosa: non aspettatevi mai nulla dalle cose e queste vi sembreranno più belle.


E di solito è questo che faccio, inseguo un obiettivo cercando di non metterlo mai totalmente a fuoco e in questo modo tutta la fatica che ho sudato per averlo non sarà stata sprecata se lo spettacolo non vale la candela.
Non lo so, sarà stato il troppo casino di gente, un via vai continuo di autobus, asiatici ovunque (e chi legge questo blog si ricorderà quanto ho scritto sui molesti asiatici in vacanza), sarà stato quell'enorme cartellone pubblicitario del McDonald a qualche miglio dal posto, sarà stato che mi aspettavo forse qualcosa in più, ma a me il grandcanyon non è piaciuto poi tantissimo.

Arrivo in un campeggio tra i boschi che era quasi il tramonto e dopo aver pagato 6 dollari per una piazzola condivisa comincio a montare la tenda.
Subito sento i passi di qualcuno che si avvicina con fare incuriosito, si trattava di Jmke, la mia vicina di tenda. Scambiamo i soliti convenevoli mentre a fatica con una grossa pietra (nella vita ci dobbiamo adattare) butto giù i picchetti, e scopro che lei e il marito sono in bici.
Da non crederci. I primi ciclisti dopo quasi 3 settimane di silenzio, ero quasi commossa, perché nessuno può capire un globe-trotter in bici se non è anche lui sullo stesso mezzo.
Loro sono due insegnanti tedeschi Jmke & Ralph, che dopo aver preso due anni sanatici hanno deciso di vedere il mondo su due ruote.
Penso che li seguirò volentieri sul loro sito in aggiornamento.
Di solito la prima cosa che mi dice una donna è "brave, really brave", ma Jmke NO e per questo le vorrò bene per il resto della mia vita, lei è riuscita a farmi il complimento più bello di sempre.
Stavamo cenando a lume di falò, tra un paio di birre e una bottiglia di rosso, quando a un certo punto mi guarda e dice: io lo so che non si disturbano i ciclisti quando arrivano stanchi al tramonto e devono ancora montare la tenda, ma quando tu sei arrivata io stavo sdraiata a leggere e ho sentito nell'aria una sensazione strana, sentivo che l'aria era prega di una personalità molto forte ed è stato impossibile non venirti a parlare.
Mai nessuno mi aveva detto queste parole, sono rimasta a bocca asciutta, senza sapere cosa dire, credo solo di essere diventata rossa, ma tanto al buio nessuno se ne è sicuramente accorto.
La serata finisce in caciara, tarallucci e vino, è la prima volta dopo tanto tempo che mi sento a perfetto agio con perfetti sconosciuti.


L'indomani il mio obiettivo era svegliarmi non prima delle 9.00, e infatti alle 5.30 ero già in bagno a lavarmi i denti. Decido quindi di non sprecare il giorno oziando, ma preparai qualche litro di acqua e un po' di cibo per la scalata del grandcanyon.
Adesso nel south trim ci sono diverse escursioni possibili da fare. La più bella, e ovviamente la più turistica, è la via che dalla sommità del canyon porta al fiume Colorado, giù giù giù in basso.
Inizialmente colgo una leggera delusione alla vista di tutti quegli escursionisti novelli (senza nemmeno uno zainetto per acqua e cibo), è tutto troppo semplice. Però ovviamente più continui a scendere e meno gente trovi, e fu così che cammina cammina mi ritrovai giù al fiume Colorado, giusto il tempo di lavarmi la faccia e ricomincio a camminare per non arrivare al campeggio con il sole calato da un pezzo.



Adesso, ho preso tanto in giro gli escursionisti novelli, ma non è che io sia meglio di loro.
Infatti passo gran parte della serata a vomitare vicino al fuoco dove i miei vicini di tenda avevano appena cominciato un party di addio al canyon.
Mi hanno spiegato che di solito chi scende al fiume rimane li a dormire una notte e non si fa 14 ore di cammino sotto al sole, con l'aria secca e poca acqua; quindi probabilmente la mia dissenteria è dovuta all0intensa fatica e disidratazione.
Mi riempiono di sostanze energetiche e mi mettono a dormire, e vi dico che sono stata tutta la notte con l'ansia di vomitare in tenda e di non sapere come lavarla.
L'indomani sto una favola, così mi decido a percorrere un nuovo sentiero, questa volta solo di 6 ore.



Quello che di solito succede in un viaggio è che quando passi più di mezza giovata con qualcuno questo diventa la tua famiglia.
Dire addio ai tedeschi e poi ai texani è stato difficile, ma siccome io e la coppia tedesca scendevamo a sud abbiamo concordato l'indomani di ritrovarci nella cittadina di Ash Fork (140km da li) per l'ultima birra assieme.

Il giorno dopo, levate le tende ho la leggera sensazione che non sarebbe stata una giornata facile, e infatti un maledetto carnoso vento da sud a 45 km/h ha fatto in modo che per percorrere 140km in discesa ci abbia messo circa 10 ore.
Quella sera ho aspettato i miei amici all'unico bar della città invano (noi viaggiatori di fortuna non ci scambiamo numeri di telefono, ma solo email e promesse), e quando le luci dei lampioni si sono accese e l'insegna del motel ha cominciato a illuminare le quattro case nell'unica via della città, ho capito che le promesse dei ciclisti sono come quelle dei marinai, che non fa bene guardarsi indietro e che bisogna pensare solo alla strada che verrà, in fondo siamo tutti di passaggio, è sempre inutile affezionarsi, ma questo lo sapevo già dal giorno prima, per questo li ho salutati al meglio, di certezze non ce n'è mai l'ombra.


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"In natura un contorno non esiste, dunque la forma disegnata dall'artista non è un elemento realistico, ma una sorta di spettro"

G. De Chirico

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