venerdì 1 dicembre 2017

Scappo di casa e mi perdo nel Sahara - i berberi

Questa vita sarebbe davvero noiosa se scappando dalla routine lavorativa dovessi andare incontro alla routine di viaggio

Sveglia all'alba
Colazione
Igiene intima
Impacchetta tutto
Parti col freddo
Ti fermi col caldo
Abuso di zuccheri
Vento in faccia
Sete
Mi sono persa
Torna indietro
Trova un posto dove dormire
Cena con gli avanzi del giorno prima
Dormi
Ripeti di nuovo fino alla fine del viaggio

Per fortuna non succede mai, c'è sempre quella variabile al di fuori del perdersi in luoghi che sembrano astratti, che mi fa sentire viva, non è solo il paesaggio multiforme anche se a volte davvero ostico, ma sono le persone.
Comincio a vivere le loro storie, per quello che riesco, perchè comunque non ho il loro vissuto alle spalle, ma la cosa che in questo momento ci unisce è la certezza che del domani non si ha certezza.
Mi raccontano di come vivono, faccio domande su cosa si aspettano, la risposta è sempre la stessa: sono nato qua e morirò qua. Non c'è gioia o dolore quando qualcuno muore, è una persona in meno, non esiste culto dell'ego in un posto dove tutti sono utili e nessuno è necessario; non c'è posto dove nascondersi dalle noie quotidiane, non c'è spazio per stare male, non c'è nemmeno un medico se si sta male; le case sono fatte di paglia e argilla, ottimo per i mesi davvero caldi, fragili se dovesse piovere, ma qua nessuno aspetta la pioggia, mi raccontano che una volta ha nevicato, forse negli anni '80, non sanno cosa sono i cambiamenti climatici, non si pongono il problema, loro vivono senza acqua e se riescono a chiamare casa un posto fatto di polvere e vento possono resistere a tutto e di questo sono molto fieri. Mi viene in mente di quei luoghi che ho visto privi di vita, dove una volta vivevano gli indiani di America o gli aborigeni australiani, mi chiedo quanta cultura è stata assassinata.
Sono persone senza età, perchè quella anagrafica non la conoscono, possono registrarsi anche anni dopo la nascita perchè il "comune" è lontano, allora se qualcuno capita da quelle parti fa il favore e registra le ultime nascite, così se chiedi loro quanti anni hanno o quando li compiono la risposta rimane approssimativa, come la vita che fanno, ma tutto questo a modo suo è affascinante.




Incontro Aasmae.

In realtà è lei che incontra me. Una giornata molto calda, il sole abbrustolisce velocemente le parti scoperte, non so più come coprirmi. E' la prima volta che parlo con una donna da quando sono atterrata. E' difficile incontrarne, perchè si nascono bene, sotto tetti domestici. La mia sorpresa è grande nel ricevere un invito da parte sua ad entrare in casa e mangiare qualcosa, perchè mi è sempre capitato di parlare con uomini e pensavo che le donne avessero semplicemente timore. In realtà si avvicina sicura, mi sorride e mi da un bacio sulla spalla.

La differenza tra uomini e donne è abissale:
Un uomo si sarebbe prima avvicinato con una presenza importante, lasciando lo spazio di un metro tra i nostri corpi, a petto gonfio e pancia dentro, poi avrebbe cercato di comunicare in arabo alzando il tono della voce al primo sopracciglio alzato sul mio volto, poi avrebbe cercato di ripetere più lentamente e infine se ne era capace avrebbe cercato di comunicare in francese, senza comunque riuscire ad uscirne fuori in qualche modo; capendo che non può esserci comunicazione verbale avrebbe cominciato a gesticolare con le mani diminuendo la distanza tra i corpi ma cercando allo stesso goffo modo di non sembrare troppo aggressivo, sforzandosi allo stremo delle sue forze, fino a quando non avrei dato il segnale visivo che mi fidavo e che allora potevamo stringerci la mano.
Le donne (perchè fortunatamente Aasmae non è stata l'unica) non hanno bisogno di chiedere conferme, sanno già che tra donne ci si può fidare, è per questo che il loro modo è veloce, schietto, ma allo stesso tempo delicato, non aggressivo. Mi piacerebbe scoprire tutto su di loro, ma bisogna avere fortuna perchè la comunicazione riesce meglio se la stanza non è troppo affollata.
I bambini non hanno sesso, e non ce l'hanno semplicemente perchè non hanno giocattoli che distinguono i ruoli di genere, il più grande è responsabile del minore e così via.

Le domande che ci facciamo sono sempre le stesse e forse sono anche lo specchio della società in cui siamo abituati a vivere, io chiedo loro come vivono, quali i compiti degli uomini, quali quelli della donna, come si vive in una famiglia, cosa c'è fuori dal Sahara per loro, a loro sembra fondamentale invece chiedere se sono sposata, del resto non importa.

Mi offrono da bere (devo sempre rifiutare a meno che non sia qualcosa che ha passato qualche minuto a 100°), una volta solamente ho bevuto qualcosa id diverso dal tè, sembrava latte, ma non ho mai capito che fosse (bianco, molto aspro e intenso), questo per me vuol dire molto in un posto dove l'acqua è razionata, mi sento in colpa perchè bevo da una bottiglia di plastica con sopra il logo della Neslè che probabilmente ha comprato tutti i loro bacini idrici (non ho trovato di meglio); mangiamo tutti assieme (ovvero gli uomini in una stanza e le donne in un'altra) dallo stesso grande piatto, con le mani che non si possono lavare perchè l'acqua serve per essere bevuta, a volte mi chiedo se quello che sto mangiando è un avanzo del giorno prima, oppure quando i miei denti tritano qualcosa di più solido mi chiedo se siano gusci di uova o che altro, perchè qua non si butta via niente, mi piacerebbe imparare cosa vuol dire riciclare, perchè anche il cibo si ricicla; quando cucinano un pollo è come quando mia nonna mi raccontava che da piccola lei si mangiava tutto, non si buttava niente, anche io ho mangiato tutto e non sono un'amante delle viscere animali, ma la naturalezza viene dal contesto, sono convinta che se lo mangiano loro posso mangiarlo anche io, in fondo il disgusto è quella sensazione che viene meno quando si ha fame; dormiamo sotto lo stesso tetto, anche perchè di tetto la maggior parte delle volte ce nè uno solo, che fa da cucina, da soggiorno e da camera da notte. In quel momento siamo esattamente uguali e non ci sono domande quando l'indomani vado via, ci sono solo loro in fila che salutano e sanno già che non ci vedremo o sentiremo mai più, ma la vita andrà avanti e non si rendono conto di tutto quello che mi hanno regalato.



MERZOUGA 

Per me il nome di questo posto significa la fine della prima parte del viaggio, per chi ci vive significa l'ultima oasi prima dell'infinito deserto di dune, per chi ci arriva in bus significa giro in cammello, notte in tenda e rientro in albergo per poi andare via.

Ci sono due incontri fondamentali che faccio a Merzouga

Il primo è con Mohammed, che poi è il cugino del famoso Hassan.
Se ricordate il giorno in cui sono arrivata a Marrakech mi è stato proposto in tutte le salse, per questo non mi fidavo di questo incontro, ma le cose sono cambiate rapidamente e capisco che l'insistenza dimostrata in precedenza è un fraintendimento da parte mia, queste persone vogliono che io sia ospite a casa loro, perchè è nella loro cultura accogliere i viandanti, non c'è uno scopo economico o di altro genere.
Ci riconosciamo, io perchè ho una bici e puzzo di scimmia morta, lui perchè indossa un vestito blu e un turbante in testa, che ovviamente è come darsi un appuntamento in Italia dicendo ci vediamo in quella piazza dove c'è una chiesa e un bar all'angolo, infatti mi riconosce lui.


Eppure l'appuntamento ce lo siamo dati il giorno prima, perchè la comunicazione telefonica comincia a dare problemi, penso che a Roma se non confermi un appuntamento un'ora prima non trovi nessuno li ad aspettarti.
Non ci speravo ma eccolo in piedi all'ingresso della "città" che agita le braccia.
Parla inglese, è una fortuna, altrimenti la metà delle cose che ho scritto le avrei potute solo immaginare o dedurre dai gesti; a dire il vero parla correttamente 4 lingue anche se gli ultimi ricordi della scuola risalgono a quando aveva 8 anni.
Mi spiega che lui è un nomade, o meglio appartiene ad una famiglia di nomadi, quella di Hassan.
Non ho avuto il coraggio di chiedere quale sia lo scopo di una vita nomade che gira intorno alle dune in mezzo al Sahara, ma ho scoperto che il loro ciclo è di 7/10 giorni, dopo di che tornano a Merzouga o in qualche altra oasi per recuperare cibo, acqua e cammelli.
Ognuno di loro è indipendente e decide da se, fin da piccolo, quale la strada da prendere.

Negli ultimi decenni, con un picco clamoroso degli ultimi anni, Merzouga è cresciuta in maniera esponenziale, i numeri della popolazione sono rimasti gli stessi, il turismo invece ha avuto un incremento tale da richiedere l'intervento della commissione della World Heritage List in merito al fenomeno che sta prendendo piede, così che probabilmente entro i prossimi anni Merzouga diventerà parco nazionale e non sarà più possibile girare da soli tra le dune (per questo dobbiamo ringraziare sempre chi non sa comportarsi in modo maturo in posti dove il controllo delle forze dell'ordine è inesistente).
Facendo due calcoli veloci significa che se prima era possibile svolgere una vita nomade in completa autonomia adesso è diventato difficile che tutta la famiglia possa completare i cicli di viaggio nel deserto, perchè il costo della vita è aumentato di conseguenza.
I cammelli sono la risorsa economica principale degli abitanti di Merzouga, uno di loro può vivere fino a 30 anni e come nel più banale degli immaginari possibili sono oggetto di scambio e baratto (devo dire in modo meno romantico, a volte solo di moneta).
Mohammed possiede 5 cammelli, una quota scarsa per una famiglia numerosa come la sua (non sono riuscita a contarli), ma li sfrutta al massimo affittandoli a prestigiosi resort sorti negli ultimi tempi. Ha rinunciato temporaneamente alla sua vita ordinaria per darsi agli "affari" perchè quello che è necessario non si discute. Alla mia domanda se ha mai pensato di andare a vivere in una città vera risponde che l'ultima volta che è uscito fuori dall'Oasi è stato nel 2013 quando necessariamente ha avuto bisogno di un medico e che per il momento i suoi progetti non sono diversi da quelli del quotidiano, la sua età oscilla tra i 25 e i 27 anni.
Mi propone di partire per un ciclo nomade di 8 giorni perchè quel pomeriggio inizia il viaggio, e io a malincuore devo rinunciare a quella che probabilmente sarebbe stata una bellissima esperienza (mi ha detto che comunque posso tornare quando voglio e sicuramente lo farò), però non rinuncio a un piccolo viaggio nel viaggio, quindi il pomeriggio stesso partiamo per passare una notte in mezzo alle dune.




Senza perdermi nella descrizione dei colori e della densità della sabbia che potete trovare in qualsiasi libro a tematica Sahara scritto da esperti, voglio invece raccontarvi di quella notte.

Partendo verso le 3 del pomeriggio ci fermiamo solamente al tramonto. Quello di cui rimango veramente sorpresa è il senso dell'orientamento di Mohammed; sa esattamente dove sta andando, anche se stare li in mezzo è come trovarsi persi al centro dell'Atlantico, senza punti di riferimento. Ovviamente gli chiedo come faccia e ovviamente mi risponde che non lo sa, ma immagino questi siano i segreti di famiglia, non posso pretendere che mi venga svelato tutto.
Sa pure che entro il tramonto arriveremo dai nomadi che intanto hanno piazzato il loro accampamento e sono pronti per cucinare (indovinate cosa?).
Prima di cenare mi allontano un attimo, essendo nel mio profondo un'inguaribile solitaria, quello spettacolo è troppo bello per non godersi almeno qualche ora di beata solitudine in compagnia della sola luna che fortunatamente per me è al massimo della sua pienezza.
Loro dicono che sono stata sfortunata, se trovavo la luna nera quello spettacolo sarebbe stato ancora più emozionante perchè mi avrebbe permesso di ammirare la via lattea in prima fila, io dico che l'ho già vista, non è la prima volta che mi trovo in mezzo a un deserto e che mi sento fortunata invece a poter vedere di notte, si, perchè la luna fa talmente tanta luce che tutto intorno è illuminato e perfettamente visibile.
Ciò mi permette di allontanarmi e perdermi da sola in quell'oceano infinito e come sempre, ogni volta che mi trovo in queste situazioni mi sale un brivido lungo tutto il corpo, è adrenalina, la peggiore delle droghe, per questo continuo ad andare per deserti.
Quello è il mio Atlantico, ci somiglia davvero, perchè le dune disegnano onde immobili che alla luce della luna ricordano il blu dell'oceano, alcune dune sono talmente alte che portano alla mente immagini di tempeste oceaniche, però immobili, è per questo che è un paesaggio assurdo, nessun rumore intorno, i piedi sprofondano nella sabbia fredda, nessun uomo in vista, sono li, non so bene dove e penso che se camminassi per qualche chilometro non seguendo nessuna direzione probabilmente nessuno mi troverebbe più; qualcuno mi chiama da lontano, molto lontano, non pensavo di aver camminato così tanto, è Mohammed, si stava preoccupando, mi dice che il fuoco è spento che adesso si mangia, mi riporta brutalmente alla realtà che comunque non è così male.




Mangiamo tutti assieme, vorrei catturare bene le immagini di quei nomadi, ma la smania di tornare a scalare le dune è troppa, quindi rendo gli altri partecipi del mio desiderio e Mohammed mi dice che questa volta viene con me.
Non so quanto tempo abbiamo passato a camminare li in mezzo, però quando torniamo alla base siamo distrutti. Il cammello con una zampa legata ci osserva, sdraiato sulla sabbia, immobile. Togliamo le coperte dalla sella e ci sediamo con la schiena sulla sua pancia. 
Il mio corpo si muove e segue il ritmo del respiro del cammello, diventa una danza e sento il mio complice accanto che parla e capisco in fondo il motivo per cui non vuole vivere lontano da quel posto, chiudo gli occhi e non ricordo il momento esatto di quando mi addormento, e io che ho paura dell'acqua e degli orizzonti infiniti non avrei mai pensato di sentirmi così al sicuro dentro un oceano.




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